La città come un'azienda

Ascoltare Andrea Lanza significa immergersi nell'appassionante mondo delle idee, quelle che costituiscono le tracce dalle quali sorgono le imprese, con tutto il carico di aspettative che generano. Ordinario di economia e gestione delle imprese e di strategie d’impresa all’Università della Calabria, il professore, originario di Vibo, è inoltre docente senior di marketing presso la scuola di direzione aziendale dell’Università Bocconi di Milano. Qui è stato coordinatore e docente di executive educational programmes per aziende leader italiane e internazionali. Dunque, un esperto di processi aziendali che il Centro Studi ha chiamato a riflettere su un tema entusiasmante: quale relazione può intercorrere tra metodiche d'impresa e modelli di sviluppo sostenibile della città?

La domanda non è nuova. 
Peraltro, alle nostre latitudini, ha già trovato casi successo, da quelli relativamente recenti di Napoli e della Puglia a quello molto più datato ma spesso richiamato come case history della Cosenza di Giacomo Mancini senior negli anni '90 dell'ormai secolo scorso.
Lì, in particolare, si trattò di rendere attrattivo il centro storico che versava in condizione di crescente abbandono: tra gli interventi promossi dall'amministrazione vi fu anche l'incentivazione verso i privati per la ristrutturazione degli immobili a tassi agevolati attraverso il concorso dell'ormai assorbita Cassa di Risparmio.
Oggi, quel risultato non ha retto all'incedere del tempo: l'effetto di una visione e di un conseguente riassetto virtuoso non s'è consolidato.
Qui può essere letto un limite intrinseco al ragionamento: una città non possiede i tempi rapidi d'adattamento di un'impresa agli inevitabili mutamenti.


Andrea Lanza ne è consapevole.
Ma pone l'accento, nell'esordio del suo ragionare, su un'affermazione apparentemente paradossale: 
«Vibo Valentia gode, in questo momento, di condizioni favorevoli al sorgere di concrete politiche di sviluppo»
Un apparente paradosso che il professor Lanza scioglie immediatamente: 
«Occorre considerare la compresenza di alcuni fattori: il capitale umano del quale generalmente si lamentava la scarsità, da qualche anno rimane invece in regione grazie al ruolo svolto dai tre poli universitari; la dotazione infrastrutturale è adeguata, con i tre snodi intermodali di ferrovia, aeroporto e autostrada in prossimità della città e comunque a relativi pochi minuti di distanza; c'è la consapevolezza che il turismo sia un comparto industriale e come tale soggetto a politiche di filiera le quali, se ben governate, creano network di valore»
Non basta:
«La scuola alberghiera è un asset non ancora utilizzato per attingere risorse professionali adeguate a un sostenibile modello di sviluppo della città, vista come attrattore di presenze che alimentino flussi economici nuovi. In quale misura? Tutti gli indicatori presentano la soglia economica minima di mille presenze settimanali moltiplicate per un arco di tempo di otto/nove mesi all'anno: questo l'obiettivo che, tuttavia, non può essere realizzato se non in una logica di sistema tra il pubblico e il privato»
Ma nulla è scontato: su quale identità si può fondare un modello virtuoso e attraente di città?
Su questo punto, da docente esperto, Andrea Lanza sollecita il dibattito e dialoga serratamente con i molti partecipanti, in una congerie di proposte: l'enogastronomia; il recupero del litorale di Vibo Marina; un centro specialistico sanitario di eccellenza; la tradizione delle tonnare e dell'antica economia del mare come esempio di studio antropologico; gli eventi religiosi e i riti.


Eppure, il tema forte, già da tempo individuato e promosso da Enzo Romeo, è quello di una Vibo che conserva il suo valore nell'essere "Città di tutte le epoche": la città antica, quella medievale, la città dei Palazzi, quella delle Chiese e infine la città del Porto:  
«Un patrimonio storico e artistico, culturale e architettonico della città, testimonianza materiale di una presenza rimarchevole e di un’identità significativa, forgiatasi in un lungo cammino, rimane oggi sotto traccia, dimenticato, quindi poco tutelato e mai valorizzato»


Questa prospettiva può essere tenuta assieme in un progetto di sviluppo urbano nel quale le qualità della "smart city" fungano da strumento di fruizione oltre che di valorizzazione
E negli strumenti di valorizzazione, da sempre, si è pensato a una città che, nella scia di una tradizione venuta consolidandosi nella seconda metà del '900, torni a essere accogliente "salotto" di eventi congressuali di caratura nazionale e internazionale.


Ma con quali precise finalità?
Occorre dirlo con chiarezza: è inutile la presenza di oratori celebri per un'occasione o anche per una sequenza di pomeriggi o serate, qualora questi eventi non siano determinanti in termini di ricadute economiche sostanziose sulla città, in particolare attraverso esercenti e imprese che erogano beni e servizi.
Questa è la chiave di volta.
E qui risiede il profondo motivo di repulsione per il "pomposo", "retorico" compiacimento che, "ad nauseam", da anni si deve sopportare nelle parole vuote degli organizzatori di eventi evanescenti: è ormai emersa chiaramente la loro inconsistenza produttiva per la città.
Ogni evento, piccolo o grande che sia, possiede un bilancio: negli ultimi anni, tutti i bilanci degli eventi sui quali si sono gonfiati e si esercitano tuttora così tanti vaniloqui hanno mostrato un crescente, consistente deficit per Vibo Valentia.
Persino i flussi di denaro pubblico che li hanno sostenuti sono confluiti solo per una misera parte nei circuiti economici cittadini. 
La ragione? 
Sono stati pensati per alimentare glorie personali, giustificate dalla patina della "cultura", espressione ormai svuotata di ogni valore perchè resa avulsa, astratta dalla vita reale, dall'economia e dalla socialità intese come il connotato dell'autentica cittadinanza.

  
Andrea Lanza concorda con questa visione che ha ormai fatto breccia nel Centro Studi, ma aggiunge, da par suo, il concorso di altri elementi che facciano da corollario efficace: dal modello hub/spoke che aggreghi le realtà territoriali limitrofe, 
«...Vibo Valentia non può farcela da sola» 
fino a porre in campo un'efficace comparazione, figlia della nostra epoca: hardware è il territorio e software sono gli eventi e i circuiti valorizzanti come, ad esempio, quello fondato su alimentazione-benessere-convegnistica.  
E aggiunge:
«Non è utopia pensare alla città e al territorio limitrofo come a un grande "albergo diffuso" e a una "città della convegnistica" più avanzata, ma nella logica di un'economia di rete. E per realizzarla occorre una regia esterna: qui molto può fare l'amministrazione comunale e soprattutto il Sindaco nel farsi credibile garante di questa politica di sviluppo».
Certo, il progetto presenta una "vision" credibile, fondata, fattibile.
Eppure, manca un passaggio, considerato fin dall'inizio, fin dalle prime conversazioni avviate con Enzo Romeo, come indispensabile: lo "storytelling" che deve accompagnare strettamente questa prospettiva organizzativa ed economica della nuova città.
Andrea Lanza lo conferma, ed è significativo: è davvero importante che un accademico del suo livello abbia vagliato questi temi e dato la sua approvazione e con essa fornito dati, riferimenti quantitativi tipici di una riflessione economica autorevole.
E che registri e indichi, con altrettanta fondatezza d'analisi, l'elemento critico sul quale lavorare intensamente.
Lo rende esplicito in un'ulteriore affermazione: 
«Occorre saper raccontare questo nuovo modello, pena la perdita di quel potere d'innesco dei fenomeni socio-economici definito "a palla di neve", capace quindi di accumulare materiale e ingrandirsi sempre più, fino a tramutarsi in un movimento virtuoso che cresce e si sviluppa per partenogenesi»
Anche da qui emerge la necessità di fare rete: occorrono risorse pubbliche e investimenti privati finalizzati in modo coerente. 
Insomma, la città funziona se la sua gestione "politica" persegue, come in un'azienda, le logiche dello sviluppo, dell'equilibrio economico, della sostenibilità, dei vantaggi collettivi e dei processi virtuosi, quelli capaci di coniugare la visione del futuro e la missione, la strada da percorrere per raggiungere l'obiettivo.
Tutto appare sempre più chiaro.
Questo è già un buon inizio.
Per tutto quello che può avvenire. 


Copyright © Gianpiero Menniti All rights reserved

Un ringraziamento sentito al Visual Artist Tonio Verilio per le immagini 


  

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