Vibo Marina e il tesoro nascosto
A tirare le somme, Vibo Valentia deve molto del fascino che la caratterizza al suo salotto sul mare: Vibo Marina. Eppure, le grandi potenzialità di questo quartiere sono rimaste, negli anni, allo stato d'origine, senza trovare mai una solida espressione. L'errore? Una congerie di idee e di trascuratezza: molte, troppe parole e rari avvenimenti concreti. E poi la scarsa valutazione di una risorsa straordinaria come il porto e le sue aree circostanti: la mancata valorizzazione e un'azione manageriale di gestione fin qui mancate hanno fatto il resto. Nonostante questa pesante eredità, ancora oggi l'anima vitale del bacino e con esso dell'intero quartiere rappresentano una scommessa da giocare. E si tratta di una scommessa che può far vincere l'intera città.
Le lunghe conversazioni su Vibo Valentia conducono sempre ad atterrare su un tema ineludibile: Vibo Marina e il porto.
Se la città nel suo insieme è una sfida impegnativa ma affascinante per una visione politica di grande impatto, non v'è dubbio che la questione del bacino portuale e del quartiere che lo circonda rappresenti il punto di maggiore interesse, il fattore d'innesco del processo di riorganizzazione che ha come obiettivo la rinascita dell'intera città.
Ma non è pensabile che questo accada senza riflettere bene e in modo del tutto nuovo sull'importanza di Vibo Marina: non è un'estensione ma il cuore pulsante di un organismo vivo come deve ritenersi essere l'intero centro urbano.
A Vibo Marina e nel quartiere di Porto Salvo risiede il segreto della ripresa economica che, per essere concreta, deve fare perno su un mix efficace di turismo avanzato e produzione industriale.
In nuce questo carattere emerge, a volte per tratti confusi, altre in modo evidente.
Un chiarissimo segnale s'è potuto apprezzare in questi giorni, segnalato dall'interesse della stampa locale ma soprattutto da chi conosce la realtà del porto e si prodiga da anni per suscitare l'interesse della classe politica cittadina e farla innamorare di un serio progetto di crescita e maturazione del quartiere marinaro.
In sintesi ecco gli attori in campo: il porto con la banchina commerciale "Bengasi" (che riveste un ruolo duplice e complesso); il polo metalmeccanico di Porto Salvo con la Baker Hughes ex Nuovo Pignone (che assume la parte dell'eroe sulla scena); infine le strade di collegamento e l'amministrazione comunale (che decisamente sono gli antagonisti).
Ora, la banchina commerciale e lo stesso porto mostrano tutte le loro potenzialità, sono lì per accogliere le merci da imbarcare su grandi navi mercantili capaci di arrivare in capo al mondo per portare i complessi e voluminosi macchinari realizzati dalla Baker Hughes.
Eppure, la banchina è insufficiente ad accogliere l'intera commessa e le sue qualità logistiche sono fortemente limitate da un vecchio capannone dismesso che insiste alle sue spalle.
Così, l'imbarco, già reso difficile da un altro problema atavico, la scarsa profondità del bacino a causa di un "urgente" dragaggio che invece non si realizza da diverse decine d'anni, deve anche fare i conti con procedure d'imbarco realizzate "a pezzi": solamente quando la banchina, limitata nei suoi spazi, si svuota, le varie componenti possono essere trasportate per realizzare, via via, lo stivaggio di tutti gli elementi che fanno parte dell'importante commessa.
Chi si occupa e comprende le dinamiche dell'impresa industriale, si rende facilmente conto dell'inefficienza.
E l'inefficienza comporta una lievitazione dei costi.
E i costi sono un fattore chiave della competitività.
Per una situazione così, un'azienda è condotta a valutare anche la possibilità di delocalizzare altrove la produzione.
Ma non basta.
Da Porto Salvo dove l'azienda ha sede, fino a raggiungere il porto e la banchina, il percorso stradale per mezzi pesanti e particolarmente importanti quanto a ingombri, veri e propri trasporti speciali, risulta impervio, disseminato di punti di disagio per le manovre, restringimenti, cordoli, incroci.
Occorre ripensare completamente quanto meno questo percorso in una visione favorevole all'azienda e quindi all'economia locale industriale, anche in prospettiva.
E poi, tornando alla nostra banchina, demolire il capannone sopra indicato, capannone chiamato "ex Civam", per ampliare considerevolmente la capienza e dunque la capacità logistica.
Questo piccolo racconto di un'economia che nonostante tutte le difficoltà e la disattenzione delle autorità delegate vuole resistere, è stato segnalato con il consueto impegno da Enzo De Maria, attivissimo presidente della pro-loco di Vibo Marina.
L'unico ad interessarsene è stato Enzo Romeo che, da tempo, ha individuato nel quartiere marinaro e nelle aree industriali limitrofe i temi portanti del progetto per la "Nuova Città" del turismo avanzato e dell'industria di nicchia.
Così, recatosi sul posto e con la guida indispensabile proprio di Enzo De Maria, ha potuto constatare de visu la situazione.
Basterebbe poco per rendere lo stato dei luoghi molto più favorevole ed efficiente.
Non solo a vantaggio delle importantissime attività della Baker Hughes ma dell'intero polo industriale di Porto Salvo e, di riflesso, per il porto e l'intera economia cittadina.
In particolare, ha fatto breccia nella visione di Enzo Romeo l'esigenza di favorire l'insediamento di aziende di filiera nel settore della nautica e della cantieristica da diporto: un campo produttivo che va dai manufatti in serie alle attività artigianali - ad esempio quelle connesse all'arredo - in grado d'infittire il complesso industriale e di rafforzarlo.
Su Porto Salvo come su Viale delle Industrie a Vibo Marina.
Realizzare questo modello di sviluppo richiede un intervento duplice: da una parte l'amministrazione comunale deve compiere ogni sforzo per risolvere con efficacia il problema del collegamento stradale con il porto e strutturare un piano urbanistico speciale per tutte le zone di competenza comunale; dall'altro, nell'area portuale l'Autorità di Bacino deve provvedere a sgomberare gli edifici che ostacolano le attività logistiche di banchina e definire un piano di dragaggio per l'approfondimento dei fondali, fino a trasformare il porto in un effettivo scalo commerciale e turistico: si pensi alle grandi navi da crociera.
A partire da qui, il quartiere non può rimanere allo stato attuale: mancano le infrastrutture essenziali per l'accoglienza, a partire dai servizi di base fino alle strutture alberghiere ed ai luoghi attrezzati per eventi e manifestazioni di alta presenza e conseguente risonanza.
L'amministrazione comunale può fare molto ma occorre anche un accordo davvero forte con l'Autorità di Bacino che ha nell'Ammiraglio Andrea Agostinelli una figura di sicuro riferimento, sensibile al tema e fino ad oggi rimasto privo d'interlocutori credibili proprio nell'amministrazione comunale e di conseguenza anche nel rapporto indispensabile con la Regione e il Ministero.
C'è già stato un incontro informale tra Agostinelli e Romeo alcune settimane fa: c'è concreta sensibilità da parte dell'Ammiraglio sulle vicende del porto e sui possibili piani di sviluppo.
Ma occorre sostegno e partecipazione.
Certo, occorre altro: depurazione e pulizia, in particolare per il recupero delle spiagge; la riattivazione della stazione ferroviaria; la definitiva soluzione per la valorizzazione dell'antica Tonnara e del Castello di Bivona che, assieme al recupero a fini turistici delle vestigia del millenario porto sommerso,
rappresenterebbero un attrattore formidabile; nuovi collegamenti veloci tra il centro della città e il quartiere marinaro: alcune strade a carattere interpoderale potrebbero essere elementi da studiare a questo fine.
Poi, rimane sempre in campo l'iniziativa, proposta dall'associazione "Progetto Valentia" del collegamento mediante una funivia, soluzione che il Centro Studi "Progetto Vibo Valentia" considera fattibile e dunque sostiene.
E non finisce qui: chi vive con passione la realtà di Vibo Marina ha molto da indicare e suggerire, con dovizia di particolari e in conseguenza della lunga esperienza di osservazione dei fenomeni urbani, economici e sociali che hanno interessato il prestigioso quartiere.
Insomma, come non vedere la consistenza di queste potenzialità, di quanto già procede a fatica ma persiste e di quanto basterebbe, anche inizialmente, per modificare la situazione esistente in poco tempo, migliorandola e facendone la base per un nuovo paradigma nella storia della città: accoglienza per le imprese e accoglienza per il turismo.
Il tesoro di Vibo Marina è lì che attende.
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